Antonia Pozzi – Parole (Parte 4)
Esilio
T’hanno strappato dal mare, bambino
e non sai dove ti portino
ora, per questa strada nuda,
per questi prati arsicci,
parlandoti parole che non afferri
e non senti
se da un’anima sorella
o da un ignoto mondo
ti giungano.
La nebbia aliava sul mare,
morbida, bianca;
l’acqua era azzurrina
sott’essa, chiara.
Volevi dormire anche tu,
dentro la nebbia,
come il sole?
Il tuo nome è scomparso, bambino:
non senti come ululano
le sirene, sperdute?
Ed ora perché
singhiozzi?
Credevi che ci fosse
qualche cosa per te
in questa casa scialba
dove t’hanno portato?
Piangi perché
tutta la casa è vuota,
perché tutte le gabbie sono vuote
nel gran giardino
e non c’è che un coniglio nero,
vicino al muro,
che annusa, annusa
e non ti sa dir niente?
Ma non hai visto, bambino, che le siepi
lungo la strada
erano le stesse
che crescono vicino alla tua casa
di là dal mare?
Non lo sai che stasera
sulla tua casa
e sul mare
e su te
il cielo piangerà
lo stesso pianto
di stelle?
Antonia Pozzi
Kingston, agosto 1931
* * *
Nostalgia
C’è una finestra in mezzo alle nubi:
potresti affondare
nei cumuli rosa le braccia
e affacciarti
di là
nell’oro.
Chi non ti lascia?
Perché?
Di là c’è tua madre
– lo sai –
tua madre col volto proteso
che aspetta il tuo volto.
Antonia Pozzi
Kingston, 25 agosto 1931
* * *
Fede
Come potresti, come potresti, creatura
andare da sola
per questo prato che somiglia a una steppa
e coglier l’erica
e contare le stelle
e non morire
se fosse la tua patria vera
quella che t’è lontana?
Come potresti, come potresti, creatura
strappare a queste pietre
le stesse erbe che crescono
vicino alla tua casa
ed amarle
se questa terra non fosse
quella stessa, portata
dai tuoi occhi
per mondo?
E come potresti donare
alle cose una vita
se fosse nelle cose la tua patria
e non in te
la patria d’ogni cosa?
Come potresti tu,
creatura, creare
ad ogni istante il tuo mondo
e sognare d’una patria più vera
se Dio in te non creasse
ad ogni istante il Suo mondo,
il suolo sacro,
la Patria?
Antonia Pozzi
Kingston, 25 agosto 1931
* * *
Risveglio notturno
Riemersa da chissà che ombre,
a pena ricuperi il senso
del tuo peso
del tuo calore
e la notte non ha,
per la tua fatica,
se non questo scroscio pazzo
di pioggia nera
e l’urlo del vento ai vetri.
Dov’era Dio?
Antonia Pozzi
Milano, 1931
* * *
L’anticamera delle suore
Forse hai ragione tu:
forse la pace vera
si può trovare solamente
in un luogo buio come questo,
in un’anticamera di collegio
dove ogni giorno sfilano le bambine
lasciando alle pareti
i soprabitini e i berretti;
dove i poveri vecchi
che vengono a domandare
si contentano di un soldo solo
dato da Dio;
dove la sera, per colpa
delle finestre piccine,
si accendono presto le lampade
e non si aspetta
di veder morire la luce,
di veder morire il colore e il rilievo delle cose,
ma incontro alla notte si va
con un proprio lume alto acceso
e l’anima che arde non soffre
il disfacimento dell’ombra.
Antonia Pozzi
Milano 12 novembre 1931
* * *
Prati
Forse non è nemmeno vero
quel che a volte ti senti urlare in cuore:
che questa vita è,
dentro il tuo essere,
un nulla
e ciò che chiamavi la luce
è un abbaglio,
l’abbaglio supremo
dei tuoi occhi malati,
e che ciò che fingevi la meta
è un sogno,
il sogno infame
della tua debolezza.
Forse la vita è davvero
quale la scopri nei giorni giovani:
un soffio eterno che cerca
di cielo in cielo
chissà che altezza.
Ma noi siamo come l’erba dei prati
che sente sopra sé passare il vento
e tutta canta nel vento
e sempre vive nel vento,
eppure non sa così crescere
da fermare quel volo supremo
né balzare su dalla terra
per annegarsi in lui.
Antonia Pozzi
Milano, 31 dicembre 1931
* * *
Grido
Non avere un Dio
non avere una tomba
non avere nulla di fermo
ma solo cose vive che sfuggono.
Essere senza ieri
essere senza domani
ed acciecarsi nel nulla
– aiuto –
per la miseria
che non ha fine.
Antonia Pozzi
10 febbraio 1932
* * *
Neve
Turbini di neve
che il vento strappa dai tetti
ed altra neve
più quieta
che un’altra mano
arcana
strappa dal cielo.
Turbini di neve fredda sull’anima
e tu non vuoi capir,
tu vuoi sognare
triste anima
povera anima
ancora
finché una mano
arcana
strapperà anche il tuo sogno
come un cielo bianco invernale
e in pochi fiocchi nevosi
lo perderà
col vento.
Antonia Pozzi
10 febbraio 1932
* * *
Errori
Fiocca la neve leggiadramente
sui cesti delle fioraie: imbianca
le giunchiglie e le viole,
le fresie magre, venute
dai paesi del sole.
A guardarle si pensa
dei tanti destini errati
che dolgono
per le vie della terra
ed un furore nostalgico serra
per le vie d’oro dell’anima
a cui neve non giunge.
Antonia Pozzi
Milano, 2 marzo 1932
* * *
Deserto
A notte
ombre di cancelli sulla neve
come ombre di grate
sopra un letto disfatto
di ospedale.
Antonia Pozzi
Milano, 3 marzo 1932
* * *
Gioia
Lo splendore del sole
ti abbacinava ieri
dolendo
come la piaga
nelle pupille del cieco.
Ma oggi
lo splendore del sole
non è abbastanza lucente
per la lucentezza tua:
nell’infinito mondo non c’è
che questo tuo splendore
vero.
Antonia Pozzi
6 marzo 1932
* * *
Limiti
Tante volte ripenso
alla mia cinghia di scuola
grigia, imbratta,
che tutta me coi miei libri serrava
in un unico nodo
sicuro.
Né c’era allora
questo trascendente ansante
questo sconfinamento senza traccia
questo perdersi
che non è ancora morire.
Tante volte piango, pensando
alla mia cinghia di scuola.
Antonia Pozzi
16 aprile 1932
* * *
Paura
Nuda come uno sterpo
nella piana notturna
con occhi di folle scavi l’ombra
per contare gli agguati.
Come un colchico lungo
con la tua corolla violacea di spettri
tremi
sotto il peso nero dei cieli.
Antonia Pozzi
Milano, 19 ottobre 1932
* * *
Preghiera
Signore, tu lo senti
ch’io non ho voce più
per ridire
il tuo canto segreto.
Signore, tu lo vedi
ch’io non ho occhi più
per i tuoi cieli, per le nuvole tue
consolatrici.
Signore, per tutto il mio pianto,
ridammi una stilla di Te
ch’io riviva.
Perché tu sai, Signore,
che in un tempo lontano
anch’io tenni nel cuore
tutto un lago, un gran lago,
specchio di Te.
Ma tutta l’acqua mi fu bevuta,
o Dio,
ed ora dentro il cuore
ho una caverna vuota,
cieca di Te.
Signore, per tutto il mio pianto,
ridammi una stilla di Te,
ch’io riviva.
Antonia Pozzi
20 ottobre 1932
* * *
Giorno dei morti
Dall’anima sfinita i sogni
come fogliame cadono
a lembo a lembo.
E resto come un pioppo nudo
a sopportare
con scarne braccia
tutto il peso dei cieli:
l’invariata piana dell’esistenza
mi gela.
Signore Iddio,
fuori di Te non c’è salvezza,
lo so.
Perché dai morti veniamo,
perché ai morti torniamo
e i morti sono in Te
di là dal gran velo del cielo
e vedono l’oro tuo,
Signore,
il mare eterno
di Te.
E la voce dei morti
è la tua voce
bronzea
che travolge l’anima.
Non c’è salvezza
fuori di Te
Signore.
Antonia Pozzi
2 novembre 1932
* * *
Tramonto
Fili neri di pioppi
fili neri di nubi
sul cielo rosso,
e questa prima erba
libera dalla neve
chiara
che fa pensare alla primavera
e guardare
se ad una svolta
nascano le primule.
Ma il ghiaccio inazzurra i sentieri,
la nebbia addormenta i fossati,
un lento pallore devasta
i colori del cielo.
Scende la notte
nessun fiore è nato
è inverno, anima,
è inverno.
Antonia Pozzi
S. Martino – Milano 10 gennaio 1933
* * *
In un cimitero di guerra
Così bianca e intatta è la coltre
di neve
su voi
che segnarla del mio passo non oso
dopo tanto cammino
sopra le vie di terra.
Per voi dall’alto suo grembo
di ghiacci e pietra discioglie
un lento manto di nubi
il Cimon della Pala.
Per voi taccion le strade
e tace il bosco d’abeti
spegnendo
lungo la valle
ogni volo di vento.
Io strappo alla chioma di un pino
un ramo in forma di croce:
di là dal cancello lo infliggo
per tutte le tombe.
Ma di qua dal cancello
serrata
contro le sbarre
dalla mia profonda
pena d’esser viva
rimango
e solo è in pace
con la vostra pace
il sogno
dell’estremo giacere.
Antonia Pozzi
Milano, 12 gennaio 1933
* * *
Crepuscolo
Le crode non hanno più rose:
il sole le ha tutte portate
con sé
nel suo morire.
Anima, del tuo sfiorire
perché ti duole?
Lo stesso tuo pallore
è sulla fronte
d’ogni montagna,
lo stesso tuo desio
d’assopimento.
Vedi le grandi cime
come si sbiancano:
gli immensi volti
come distendono
sul dolore degli occhi
le palpebre
e giacciono puri,
protesi
a una carezza stellare.
O non attendi anche tu
per la tua vita
che si scolora
il bagliore supremo?
Antonia Pozzi
S. Martino di Castrozza, gennaio 1933
* * *
Sonno
O vita,
perché
nel tuo viaggio mi porti
ancora,
perché
il mio pesante sonno
trascini?
Io so
che le più pure fontane
per tutta la terra sfacendosi
non renderanno
alla neve buttata
il biancore.
Ne l’alba farà
con stana magia
rifiorire
tra case nere
le mimose morte.
Ma sole
al gelo notturno
tremerà
la fioraia
presso il vano donarsi
della fontana.
O vita, perché
non ti pesa
questo mi disperato
sonno?
Antonia Pozzi
16 gennaio 1933
* * *
Sogno nel bosco
Sotto un abete
per tutto un giorno
dormire
e l’ultimo cielo veduto
sia in fondo all’intrico dei rami
lontano.
A sera
un capriolo
sbucando dal folto
disegni
di piccole orme
la neve
e l’alba
gli uccelli
impazziti
infiorino di canti il vento.
Io
sotto l’abete
in pace
come una cosa della terra,
come un ciuffo di eriche
arso dal gelo.
Antonia Pozzi
16 gennaio 1933
* * *
Sogno sul colle
Sotto gli ulivi vorrei
in un mattino fresco
salire
e salutare
di là dalle lievi
chiome d’argento
il pallore del sole ed il volo
delle nuvole lente
verso il mare.
Vorrei cogliere un mazzo di pervinche
fiorite
nei cavi tronchi
e camminare per il viale oscuro
dei lecci
con il mio dono azzurro presso il cuore.
Rasentare così
le antiche mura
ricoperte dall’edera
vorrei
e bussare alla porta del convento.
Vorrei essere un frate silenzioso
che va con i suoi sandali di corda
sotto gli archi di un chiostro
e attinge acqua all’antica
vera del pozzo
e disseta
le lavande e le rose.
Vorrei
dinnanzi alla mia cella
avere
quattro metri di terra
ed ogni sera
al lume delle prime stelle
scavarmi
lentamente una fossa
pensando al tramonto dolcissimo
in cui verranno
salmodiando
i fratelli
e in mezzo ai cespi delle lavande
mi coricheranno
ponendomi sul cuore
come fiori
morti
queste mia stanche mani
chiuse in croce.
Antonia Pozzi
Assisi, 24 gennaio 1933
* * *
Disperazione
Io sono il fiore
di chissà qual tronco sepolto
che per essere vivo
crea figli
su dall’oscuro
grembo della terra.
Io sono un fiore diaccio,
straniato
da ogni umana pietà o preghiera
e l’aria che mi cinge
è vuota,
senza respiro,
ombrata
da funerei cipressi.
O chi darà
al fiore,
alla sua corolla dolente,
la forza estrema di interrarsi?
Antonia Pozzi
24 gennaio 1933
* * *
Sterilità
Oh, non volere ch’io torni
per la mia vita
a penare:
non lo sai che sarebbe
come voler seminare
del grano in un cimitero?
E chi vuoi tu che ne mangi
domani
di un tal pane?
Nemmeno un bimbo affamato,
credimi,
nemmeno un cane
percosso.
Perché non c’è vivo
che la sua vita non senta
avvelenata
dall’odore della morte.
Oh, lascia
che solo le smorte
erbe
coronino le tombe,
lascia
che solo qualche inodora margherita
imbianchi
il deserto viale.
Oh, non voler seminare
il grano
in questa mia vita!
Antonia Pozzi
24 gennaio 1933
* * *
Scena unica
Vedi:
questo è il mio bambino
finto.
Gli ho fatto il vestitino
all’uncinetto
con la lana bianca.
Dice anche “mamma”,
sì,
se lo rovesci sopra il dorso.
Dammelo qui in braccio
per un pochino:
ecco,
hai sentito
come ha detto
“mamma”?
Questo è il mio bambino,
vedi,
il mio bambino
finto.
Antonia Pozzi
31 gennaio 1933
* * *